Sono destinate a far discutere le frasi di Giovanni Grauso sul doping e il ciclismo. Secondo l’ex procuratore della Federciclilsmo, attuale sostituto procuratore presso la Federcalcio, “un Giro d’Italia, con tappe di oltre 100 chilometri al giorno, è umanamente impossibile da affrontare per un atleta“, tanto che ritiene “impensabile stare tra i primi 20 del ranking senza un ‘aiutino’“. L’opinione dell’esperto legale assume una certa valenza proprio in virtù del suo curriculum e della sua esperienza nell’ambito del mondo professionistico, al quale è legato dalla famosa indagine contro 57 medici sociali (dei quali 36 furono poi condannati) per mancato aggiornamento delle cartelle cliniche degli atleti. Un processo che non esita a definire “il più grande degli ultimi 30 anni nel ciclismo”.
Nella sua esperienza nel ciclismo ricorda di aver “avuto più pressioni nel ciclismo che nel calcio“, ma soprattutto, intervenendo al Consiglio Nazionale dell’US ACLI di Roma, si dice convinto della quasi inutilità dei controlli attuali. “Sono uscite sostanze che consentono di non essere ‘pizzicati’ dal sorteggio – spiega al riguardo – L’effetto si vede due mesi dopo, quando il ciclista riposa. È tutto scientificamente calcolato“. Uno scenario drammatico, che tuttavia non tiene conto delle eventuali variazioni registrate dal passaporto biologico, strumento creato anche per cercare di dare una soluzione a questo tipo di pratiche.
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